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La riduzione delle emissioni di gas-serra come strategia di attenuazione dei cambiamenti climatici

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I cambiamenti climatici dovuti al riscaldamento globale stanno avendo un crescente impatto sull’ecosistema. Ciò implica un crescente costo per la società nel mitigare gli effetti degli eventi meteo estremi e delle altre conseguenze del riscaldamento globale, come lo scioglimento dei ghiacciai e l’aumento del livello del mare. Le misure di mitigazione gravano sullo sviluppo della società e ostacolano la crescita economica. Sotto una prospettiva ambientale, la capacità di adattamento degli ecosistemi non è sufficientemente versatile da garantire la sopravvivenza di tutte le specie naturali attualmente esistenti.

La comunità scientifica internazionale ha identificato l’effetto serra come la principale origine del riscaldamento globale, e una serie di composti chimici come le principali sorgenti dell’effetto serra: i Green House Gases (GHG). Il Protocollo di Kyoto regima sei GHG: anidride carbonica (CO2), metano (CH4), ossido di azoto (N2O), idrofluorocarburi (HFCs), perfluorocarburi (PFCs) e esafluoruro di zolfo (SF6). Nel 2010 le emissioni di CO2 hanno rappresentato il 75 % delle emissioni di GHG complessive. Nonostante la quasi totalità delle emissioni di GHG sia dovuta a fattori di origine naturale, l’incremento dato da fattori di origine antropica è tale da alterare l’equilibrio naturale tra emissione e assorbimento, con un conseguente aumento della concentrazione atmosferica di GHG. Secondo i dati rilevati presso l’osservatorio di Mauna Loa (USA), durante il periodo 1960 – 2015 la concentrazione atmosferica di CO2 è aumentata di circa il 27 %, e la tendenza è verso un ulteriore aumento.

La decarbonizzazione dell’economia e dell’energia è una modalità potenzialmente efficace di ridurre le emissioni di CO2 e di conseguenza ridurre l’impatto antropico sull’ambiente.

Secondo il Fifth Assessment Report elaborato in ambito Intergovernmental Panel of Climate Change (IPCC), sono necessarie azioni decise per evitare che il cambiamento climatico provochi impatti irreversibili per la popolazione e l’ecosistema. La limitazione dell’aumento della temperatura media globale entro 2 °C rispetto al livello pre-industriale richiede sostanziali riduzioni delle emissioni di GHG da parte di tutti i Paesi.

A partire dal 1994, i Paesi aderenti all’United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC) si sono impegnati a ridurre le proprie emissioni di GHG entro il 2020. Tuttavia l’impegno si sta rivelando insufficiente per centrare l’obiettivo “2 °C”. Di conseguenza, nel 2012, i Paesi aderenti all’UNFCCC hanno avviato negoziazioni al fine di raggiungere un accordo vincolante per le parti coinvolte, che consenta di centrare l’obiettivo “2 °C”. Le negoziazioni in corso sono basate su impegni a livello di singoli Paesi, formalmente denominati “Intended Nationally Determined Contributions”.

L’Unione Europea ha pubblicato in ottobre 2014 un documento programmatico, denominato “EU 2030 Framework”, in cui si impegna a ridurre le proprie emissioni del 40 % al 2030 rispetto al livello al 1990. Una volta stabilito il proprio livello di “ambizione climatica” al 2030 è stato possibile per la UE avviare negoziazioni a scala globale verso un accordo sul clima che sia operativo a partire dal 2020.

L’azione intrapresa dall’Unione Europea a livello internazionale è impostata secondo le seguenti linee:
- fissare ambiziose riduzioni delle emissioni di GHG;
- assicurare una dinamica evolutiva attraverso revisioni periodiche degli obiettivi;
- operare secondo criteri di trasparenza e verificabilità;
- andare verso la “resilienza climatica” tramite l’adattamento;
- promuovere l’implementazione delle misure e la cooperazione internazionale.

A livello interno europeo l’impegno in ambito clima-energia, sintetizzabile nel concetto di disaccoppiare la crescita economica dalle emissioni di GHG, sta portando risultati, come rilevabile dai dati Eurostat attualmente disponibili. Tra il 1990 e il 2012 le emissioni di GHG sono diminuite del 18 %, mentre tra il 2003 e il 2014 il Gross Domestic Product (GDP) è viceversa aumentato del 33 %.

L’Unione Europea rappresenta il 9 % delle emissioni globali di GHG e questa quota è in diminuzione. A novembre 2014 i due principali Paesi emettitori, Cina (che rappresenta il 25 % delle emissioni globali) e Stati Uniti (che rappresentano l’11 % delle emissioni globali), hanno annunciato i loro obiettivi indicativi per il periodo oltre il 2020. La Cina prevede al 2030 di raggiungere il picco delle proprie emissioni e di portare al 20 % la quota di fonti energetiche rinnovabili sul consumo interno lordo di energia. Questa previsione estende l’impegno al 2020 di ridurre le proprie emissioni di CO2 per unità di GDP del 40-45 % rispetto al livello al 2005 e di portare al 15 % la quota di fonti energetiche rinnovabili sul consumo interno lordo di energia. Si stima che le emissioni complessive di CO2 si riducano così di circa il 27 % rispetto al livello al 1990, anche a seguito di misure incisive quali il limite di consumo di carbone fissato a partire dal 2020. Gli Stati Uniti prevedono al 2025 di ridurre le proprie emissioni del 26-28 % rispetto al livello al 2005 (ovvero del 14-16 % rispetto al livello al 1990). Questa previsione estende l’impegno al 2020 di ridurre le proprie emissioni del 17 % rispetto al livello al 2005 (ovvero del 3 % rispetto al livello al 1990). Combinati tra loro, gli obiettivi di UE, Cina e USA coprirebbero così oltre la metà delle emissioni globali.




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