C’è chi [1] affronta la questione chiedendosi se "l'architettura solare" e dunque la "città solare" sia di per sé un modello sostenibile e rispondendo: "Più che di città solare, parlerei di città sostenibile, in cui lo sfruttamento intelligente dell'energia solare riveste un ruolo di primaria importanza. Esempi in questo senso sono piuttosto numerosi, basti pensare alla Siedlung Pichling presso Linz, che ha coinvolto alcuni tra i maggiori nomi dell'Architettura internazionale (Piano, Rogers, Foster, Herzog, tanto per citarne alcuni) o al progetto Borgo Solare, nei pressi di Ferrara, che vede la partecipazione del Politecnico di Milano. Le tendenze che stanno alla base della città sostenibile sono il risparmio energetico, l'inserimento coerente e rispettoso nel contesto socio-ambientale, lo sfruttamento delle risorse rinnovabili e la partecipazione degli abitanti alle strategie ecosostenibili. Tutto questo è possibile, ma bisogna avere il coraggio (e la capacità) di ripensare completamente le logiche insediative ed il rapporto architettura-urbanistica. In definitiva, bisogna abbandonare il tipico approccio per compartimenti stagni, che purtroppo caratterizza per la maggior parte il nostro ambiente costruito, per sviluppare il concetto di sistema integrato edificio-tessuto urbano-territorio".
Altrove [2] la questione è invece se ci si debba orientare verso un involucro edilizio passivo, attivo o ibrido; questo quesito è strumentale per l'ulteriore interrogativo se la complessità tecnologico-funzionale di certi sistemi integrati, ed il notevole costo di installazione e manutenzione, corrispondano a reali vantaggi energetico-ambientali ed abbiano un effettivo riscontro sotto il profilo economico. L’autore infatti individua nella fase di esercizio, piuttosto che in quella di installazione, la criticità da un lato per la mancanza di dati certi oltre il breve periodo, dall'altra per le difficoltà intrinseche connesse al corretto funzionamento degli apparecchi e per le conseguenti riduzioni in termini di rendimento e quindi di risparmio.
Altrove ancora [3] non viene presa posizione in merito ma, a partire dalla considerazione che le diverse impostazioni attuali per un verso affondano le radici nella comune matrice delle esperienze maturate dall'architettura contemporanea nel secolo scorso, per un altro generano approcci progettuali notevolmente discosti l'uno dall'altro, ci si limita a rilevare come nell'interrelazione tecnologia - morfologia architettonica si possano individuare i seguenti metodi, di seguito citati ma non dettagliati:
- neo-tradizionali;
- della leggerezza;
- dell’involucro;
- delle energie;
- degli spazi vuoti;
- miscellanea tecnologica.
Queste correnti confluiscono in definitiva nel pensiero di chi propone una decisa revisione dei consueti schemi progettuali [4] a partire dalla considerazione che "tre dei principi cardine nella progettazione di edifici a basso consumo energetico – spessore e qualità della coibentazione, eliminazione o riduzione dei ponti termici, tenuta ermetica dei serramenti – sono tutti riferiti all’involucro esterno" e più oltre prevede il possibile innesco di un meccanismo di ampia portata a livello urbano: "Agire sulle facciate può diventare, quindi, il manifesto di un intento progettuale definito, esibito e condiviso: utilizzare ed "esibire", in nuove costruzioni o nella ristrutturazione, un tipo di facciata che esprima la volontà di ridurre i consumi attraverso una maggiore efficienza energetica può fare da volano per altri interventi analoghi, innestando un processo virtuoso".
[1] Latorre C., “Architettura solare: un modello sostenibile?” in Casa&Clima n. 4, dicembre 2006, pagine 36-41.
[2] Filippi M., “L’involucro edilizio: passivo, attivo o ibrido?” in AICARR “Progettare l’involucro edilizio: correlazioni tra il sistema edificio e i sistemi impiantistici”, pagine 7-12.
[3] Legnante V., “Le problematiche della progettazione e la questione ambientale” in Centro Abita a cura di P.Gallo “Progettazione sostenibile”, Alinea Editrice, 2005, pagine 15-23.
[4] Parodi Dandini E., “Reinventare la pelle delle città” in Casa&Clima n. 3, ottobre 2006, pagine 50-55.